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Al mio papà

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Al mio papà

GerMission- Associazione Gesù è risorto
Pubblicato da Roberto Aita in Le Riflessioni · Mercoledì 25 Ago 2021 ·  4:00
Tags: papàfedefamigliaamorepaternoradicisentimentifamigliariricordodeifamigliari
Al mio papà
 
(10-8-1923    25-8-1980)

al mio papà -  germission

Me lo rivedo lì, su quel letto di dolore,
 
un mucchietto di ossa ricoperte di pelle,
 
respirando a fatica con la bombola d’ossigeno,
 
e la battuta sommessa: “Speriamo che non esploda:
 
potrebbe essermi fatale!”.

 
 
Riusciva a farmi sorridere nell’agonia.
 
Erano gli ultimi giorni della sua vita terrena,
 
divorato da un cancro ai polmoni,
 
rivestiti internamente dalla nicotina
 
di quarant’anni di fumo accanito.

 
 
Si era sempre vantato il mio papà
 
di aver cominciato a fumare a dodici anni,
 
ma a me e mio fratello ci diceva:
 
“Guai a voi se cominciate!”
 
Io e mio fratello non abbiamo mai cominciato.



Lui lì su quel letto stava finendo la sua corsa.
 
Avevo dipinto un quadro in quei giorni,
 
pensando a lui. Dipinsi un uomo che guardava
 
a distanza Gesù con i Suoi nell’ultima Cena.
 
Gesù con gli undici: Giuda se n’era già andato.

 
 
Andai a trovarlo con il quadro, gli piacque.
 
Parlammo di Gesù e di quell’uomo a distanza.
 
Un uomo in attesa. Invitato all’ultima Cena.
 
Non so se capì. Forse sì, capì.
 
Ma non me lo fece intendere.

al mio papà - germission

Avrei voluti dirgli tante cose.
 
Avrei voluto sentirmi dire tante cose.
 
Lasciai ai silenzi interrotti solo
 
dai suoi respiri affannosi, le parole
 
come sospese nello spirito e nei cuori.

 
 
Ricordavo le cose fatte insieme
 
e le cose di lui che mi aveva raccontato.
 
A mio papà era piaciuto raccontarmi
 
la sua vita quando ero adolescente.
 
Raccontava cose che mi portavano alle lacrime.

 
 
Poi come dispiaciuto di avermi coinvolto,
 
raccontava una battuta per alzare il morale.
 
Sapeva raccontare bene le cose, il mio papà.
 
Spesso le condivideva mentre lui lavava
 
i piatti e io li asciugavo: la mamma era al lavoro.

 
 
Poi la mamma sarebbe rientrata quando lui
 
era già partito per il turno di notte in fabbrica.
 
Sento ancora la sua voce, le sue parole
 
così appropriate e descrittive di ciò che raccontava.
 
Si, avrebbe potuto scrivere per il cinema.

 
 
La sua infanzia povera in Friuli, a caccia
 
nella neve di passeri per acquietare una fame nera.
 
La speranza che il fratello più grande, Armando,
 
dotato fisicamente arrivasse primo al palo della cuccagna,
 
nella festa patronale di S.Lorenzo,
 
per afferrare un po’ di cibo per la famiglia.

 
 
Il suo arrivo nel Biellese per lavorare.
 
A 13 anni iniziò in fabbrica, ma senza mai smettere
 
la sua passione per lo studio e la scrittura.
 
Il sogno di scrivere per il cinema,
 
le sceneggiature… andare in America.

 
 
La guerra a 18 anni. Le peripezie per riportare
 
a casa la pelle in una guerra mai capita.
 
Fatto prigioniero dagli americani. “Che pacchia”
 
Diceva convinto” stavo meglio prigioniero da loro
 
che prima…mi davano anche le Camel!”

 
 
Poi le feste. Le donne. Il matrimonio
 
in età matura all’epoca: si era guardato bene
 
di sposarsi presto per non rovinarsi la vita!
 
Poi ero nato io, poi mio fratello, nel frattempo
 
morivano i suoi sogni e agonizzava il matrimonio.

 
 
I litigi. Le urla. Mia mamma che piangeva
 
e mi chiedeva aiuto: “Robertino, aiutami tu col papà,
 
perché tu sei grande!. Avevo 11 anni ed era vero:
 
ero grande. Intercedevo, mediavo, supplicavo la pace.
 
A volte sembravo farcela, ma troppo spesso no.


al mio papà - germission

Adesso lui era lì su quel letto e stava finendo la sua corsa.
 
Avrei voluto sgridarlo e rimproverargli i disagi
 
familiari a cui ci aveva sottoposto.
 
La bombola stava facendo un lavoro egregio,
 
ma l’ossigeno si faceva strada a fatica nella nicotina.

 
 
Da pochi mesi io avevo incontrato Gesù.
 
Avevo conosciuto la Sua Misericordia per me.
 
Mi fu naturale scaraventare le sue mancanze
 
nell’abisso più profondo, sommerse dalle
 
acque limpide dell’Oceano della Misericordia.

 
 
Poi un giorno il lavoro egregio della bombola cessò.
 
Quel mucchietto di ossa rivestite di pelle
 
sembrava evaporato in quel piccolo pigiama
 
diventato troppo grande per lui.
 
Mio papà stava respirando l’Ossigeno del Cielo.

 
 
Avrei voluti dirgli tante cose e gliele ho dette.
 
Avrei voluto sentirmi dire tante cose
 
e non so se ha provato a dirmele da Lassù.

 
 
Parole portate dal Vento,
 
parole sospese nello spirito e nei cuori.

 
 
 
Roberto Aita
 



5.0 / 5
7 recensioni
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Aurelia Sedda Mele
Mercoledì 25 Ago 2021
Sono commossa per questa storia ricca di amore...
Maria
Mercoledì 25 Ago 2021
Molto commovente che rispecchia in tante cose anche la mia realtà con mio papà andato i cielo x tumore ai polmoni il 1 ottobre 2001
🙏🙏🙏mi manca, ci siamo voluti molto bene. 🙏🙏🙏❤😇
Stefania
Mercoledì 25 Ago 2021
LETTERA CON PAROLE D AMORE..IL MIO PAPÀ UN UOMO STRAORDINARIO...ANCHE SE MON DICEVA NIENTE LUI PROFUMAVA DI BUONO..
Valeria Altini
Giovedì 26 Ago 2021
Carissimo Roberto, fai sempre meditare con il cuore aperto. La vita è un soffio e ci rimane l' aver voluto dire, chiedere, ascoltare. La misericordia , mettere tutto nel cuore di Gesù. Ci ritroveremo un giorno e sarà festa. Così, Io che sono di bianchi capelli e di storie in silenziose attese, mi prendo la pace che esce dai tuoi scritti. Scritti, i tuoi, che vanno dritti, e io li custodisco. Grazie.
Roberto
Giovedì 26 Ago 2021
È il racconto di una persona vera,
che ha messo a nudo le problematiche della propria infanzia con estrema franchezza e sincerità.
Il tutto risulta convincente
ma soprattutto commovente.
Bravo Bob,
Il Signore ti ha illuminato ancora una volta.
Un abbraccio forte
Roberto
Maria Giovanna Angioni
Giovedì 26 Ago 2021
Che bellezza come sei riuscito a raccontare la storia di tuo papa'. Mi sono emozionata. Grazie Roberto.
Daniele Rapolla
Domenica 05 Set 2021
Caro Roberto, davvero una bella e commovente storia familiare.

Ricardo con l'occasione il mio grande e sempre buonissimo con tutti, papå Giuseppe (Pino).
Un padre sempre attento a tutta la famiglia.
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